Cari Amici e Sostenitori,

Come già altri anni, mia sorella Margreth e mio cognato Urs hanno trascorso un mese da me nel Kalahari. Essendo ex insegnanti e padroneggiando la lingua inglese sono di grande aiuto per la nostra scuola materna: portano idee nuove, danno consigli validi e stimolano sia le maestre sia i bambini, che gli vogliono tutti un gran bene.

Una volta tornati a casa, mia sorella Margreth ha scritto una specie di diario, un riassunto della loro esperienza e delle loro impressioni presso la casa dei bambini. Ecco che cosa ha raccontato:

Giovedì 17 settembre 2010, ore 15: arrivo a Maun, Botswana, dopo 24 ore di viaggio
Cecilia e la sua collaboratrice Maryna vengono a prenderci all’aeroporto. Tutti i passeggeri hanno recuperato la loro valigia, manca solo quella di Urs! Magari tra un paio di giorni ci dicono che è arrivata, altrimenti pazienza, siamo stati sfortunati.

Non abbiamo assolutamente tempo da perdere e ci mettiamo subito in marcia per il Kalahari. Il viaggio in auto durerà 3-4 ore e per l’ora del tramonto vorremmo essere già quasi a casa.
La Transkalahari è tutta dritta, ai lati della strada si vedono alcune capanne con delle capre al pascolo, e poi soltanto la savana.

È primavera adesso nel Kalahari. Su molti cespugli e piante spuntano dei delicati fiori rosa, bianchi, viola e gialli. È incredibile! È di gran lunga più secco e polveroso rispetto al periodo invernale, cioè luglio e agosto.

Breve sosta presso un enorme albero di baobab, che salutiamo come un vecchio amico. Mi graffio non appena metto piede sul suolo del Kalahari: tutti i cespugli, compresi quelli con i fiori più delicati, hanno spine lunghe e pericolose.

Il viaggio prosegue fino a sera inoltrata. Un facocero ci attraversa la strada e due struzzi vanno in cerca di cibo sul ciglio della strada.

Sosta al controllo dell’afta epizootica. Devo togliere tutte le scarpe dalla valigia e premere sul tappeto impregnato di disinfettante; poi l’auto passa attraverso una vasca piena di disinfettante. Poi finalmente di nuovo in marcia. Sono le 17: lentamente la luce cambia e immerge tutto in un tenue bagliore rosa. Poi alle 18.30 assistiamo a un perfetto tramonto africano: sole rosso acceso, un cielo che sfuma dall’arancione al rosa e poi al violetto. Tutto è così bello, come una cartolina! Adesso imbocchiamo la stradina sterrata in direzione del centro d’accoglienza, e tre cani ci corrono incontro. Tentu, l’aiuto giardiniere, ha lasciato la porta aperta e ora Marina gli sta facendo una bella ramanzina.

Ci vuole ancora mezz’ora prima di arrivare alla casa di Cecilia. Il tragitto è accidentato e lento. Dobbiamo prestare attenzione: gli animali selvaggi sono in giro diretti alla pozza d’acqua. Finalmente , dopo 30 ore di viaggio, siamo arrivati a destinazione, felici e stanchi morti.

Lunedì al centro d’accoglienza

Ore 7.30 Partenza per il Centro. Una zebra incrocia il nostro cammino.

Ore 8.00 Lo scuolabus è già lì. Più o meno 90 bambini se ne stanno seduti a gambe incrociate in sala da pranzo con la loro ciotola di pudding. Fuori fa ancora molto freddo.

Ore 8.30 Canzoncine e giochi in cortile con due maestre. Altre quattro incaricate lavano i piatti e puliscono la sala da pranzo.

Oggi io e Cecilia rifacciamo il guardaroba ai bambini per la prossima festa di Natale. È un bel lavoraccio, poiché a ogni bambino spetta un intero guardaroba estivo. Mentre i bimbi si provano i vestiti noi prendiamo quelli che sono un po’ troppo sporchi, hanno una ferita da qualche parte o soffrono funghi e li portiamo da Felicia in infermeria. Lì vengono per prima cosa lavati e poi “medicati”.
Una bambina ci colpisce in modo particolare. È magrissima e non ha un bell’aspetto. Le prescriviamo immediatamente una cura a base di vitamine e la teniamo sotto osservazione. Nel caso in cui non si verifichi alcun miglioramento Cecilia deve richiedere alla famiglia l’autorizzazione per accertare la presenza del virus dell’HIV. È una questione spinosa e spesso le famiglie negano l’autorizzazione.
Nel frattempo Urs si aggira tra le classi e fa l’inventario delle lavagne che devono essere riverniciate e delle pareti che hanno bisogno di qualche ritocco di pittura. Poi si esercita con i trampoli con due bambini della classe dei grandi dell’asilo. Quello “sfacciato” di Henri è molto dotato e impara in fretta.

Per oggi basta! Abbiamo “vestito” 52 bambini, ma dobbiamo ancora comprare a Ghanzi quattro paia di sandali per dei ragazzini con i piedi molto lunghi.

Ore 13.00 Ora di pranzo. Fa un caldo pazzesco. Tutti i bambini sono seduti con il loro piatto all’ombra del grande albero. Oggi il menù offre purè di zucca con fegato di manzo e cavolo. La fame da lupi con cui i bambini svuotano il piatto mi lascia di stucco ogni volta.

  • Ore 14.00 Siesta: tutti i bambini si ritirano nelle proprie classi al fresco, si sdraiano sulle materassine e nel giro di poco tempo sono già belli addormentati. Dopo la siesta si gioca di nuovo in cortile.

A bordo della piccola auto di Cecilia ci dirigiamo verso casa su una strada accidentata. Di sicuro ci saranno più di 30 gradi. Siamo stanchissime. Per fortuna la cena è già pronta e non ci rimane che scaldarla. Un breve sonnellino, poi Cecilia è già al computer per rispondere alle e-mail e scrivere le lettere delle adozioni a distanza. Io scrivo il mio diario e Urs lava i piatti mette in ordine la cucina.

Ore 18.00 Comincia ad imbrunire: è l’ora del tramonto. E anche delle zanzare. Oggi ha fatto molto caldo e di sicuro sferreranno i loro attacchi. Usiamo lo spray antizanzare prima per le nostre camere e poi per la pelle.

Ore 19.00 Notte fonda e silenzio assoluto. In lontananza si sentono “le risate” degli sciacalli, mentre noi ci corichiamo con un bel libro.

La pioggerella

Grazie a Dio stanotte c’è stato il primo temporale ed è caduta una “leggera pioggerellina”! Qui si dice che il caldo sia più facile da sopportare dopo le piccole piogge, finché a dicembre non comincia la stagione delle grandi piogge.

Il mattino è più fresco e piove. Già durante la notte alcuni cespugli sono diventati verdi.
Ci ritroviamo al Centro per il canto mattutino. Chi è quello spilungone che sta cantando nell’ultima fila? Kaahse è tornato! Kaahse è il fratello di Kgamse, che proviene dalla più misera capanna di tutta D’Kar; nonni alcolizzati, con circa 5 nipoti orfani di madre. Kaahse ha 9 anni e dovrebbe essere a scuola a D’Kar. È già la terza volta che scappa e se ne va in giro a spasso. Cecilia lo ha beccato per strada e voleva riportarlo a scuola ma la direttrice le ha detto: “La scuola è già cominciata da dieci giorni. Non possiamo più accettarlo. Ritorni il prossimo anno.” E così Kaahse è di nuovo al centro d’accoglienza. Pieno di gioia canta, balla e impara con i bambini dell’asilo. Oggi ha ricevuto dei nuovi vestiti estivi. Ha guardato Cecilia con aria raggiante e le ha detto: “Thank you, Ouma!”

Dabe, il piccolo boscimane

Cecilia è andata a trovarlo due mesi fa all’allevamento di bovini: vive infatti con i bisnonni, che fanno i pastori. Dabe è stato uno dei primi bambini accolti dal Centro, dove venne portato direttamente dall’ospedale in quanto prematuro. Sua madre era entrata in coma al terzo mese di gravidanza a causa dell’Aids ed era deceduta subito dopo il parto. Come per miracolo, Dabe risultò negativo al test dell’HIV e qui al Centro riuscì a sopravvivere grazie all’assistenza ventiquattrore su ventiquattro delle donne del posto. Quando Dabe compì tre anni, una maestra della scuola materna riuscì a rintracciare la sua famiglia. Un bisnonno boscimane molto rispettabile e sua moglie un giorno vennero qui al Centro per vedere il loro pronipote. Lui si sedette subito in braccio a loro e fin da quel primo istante si sentì finalmente a casa sua.

Ora vive con i suoi bisnonni nel bush, il suo ambiente naturale. Siede orgoglioso sul taxi boscimane (un carretto trainato da quattro asini) accanto al suo bisnonno e tiene le redini: è lui che comanda! Così lo hanno trovato Cecilia e Felicia, l’infermiera del Centro, durante la loro ultima visita: è un bambino fortunato, un felice birichino! Felicia gli ha portato del pollo (il suo piatto preferito quando era al Centro) e Cecilia dei vestiti e delle scarpe per l’estate. Da gennaio Dabe frequenta la scuola elementare.

I bottoni di mamma

L’anno scorso Cecilia ha avviato un piccolo progetto per le donne. Tre volte alla settimana lo scuolabus accompagna anche quattro donne di D’Kar (due mamme, una nonna e una madre affidataria dei nostri bambini) che imparano a cucire sia a mano sia a macchina, prima a pedale e poi elettrica. Al momento stanno confezionando meravigliosi arazzi, diverse borse e grembiuli da cucina, ma sono ancora all’inizio e ci sono tante cosa ancora da imparare passo per passo; e pensare che all’inizio queste donne non sapevano nemmeno tenere in amno un ago. Cecilia taglia personalmente la stoffa su misura e cuce anche le asole. Questa sarà la prossima lezione di cucito. E dove ci sono le asole servono i bottoni: occorrerà quindi imparare a cucirli.
E così vengo trascinata da mia sorella a cucire i bottoni, un lavoro odioso e noioso che cerco di evitare il più possibile fin dall’infanzia. Ma ora sono seduta qui e con santa pazienza attacco un bottone a ogni grembiule. Cucio bottoni di chissà quanti decenni fa, i bottoni della scatola di mamma! E mentre cucio così silenziosa e piena di dedizione rivedo mamma che ride sotto i baffi e mi dice: “Per il Signore Dio cucire bottoni è bello quanto costruire cattedrali.” I grembiuli li mettiamo in valigia e verranno con noi in Europa, dove saranno venduti in Italia e Svizzera. Per la prima volta nella loro vita le quattro donne boscimane potranno così guadagnare un po’ di soldi! A proposito di bottoni: ringrazio tutte le donne di Luino (VA) che ci hanno regalato dei bellissimi bottoni.

Khosiame! (Arrivederci!)

Il nostro soggiorno è giunto alla fine e le e nostre 4 settimane sono davvero volate. Alla SPAR di Ghanzi abbiamo comprato 150 muffin per la festa d’addio e ora li portiamo al Centro nelle cassette dei cavolfiori (non ci sono scatole per i dolci). Alle 11 di oggi ci sarà una merenda speciale: i dolci piacciono a tutti, grandi e piccini. Mentre i più piccoli (di appena 3 anni) quasi faticano a finire la loro tortina, le donne locali, belle in carne, hanno già in bocca la seconda e con impazienza aspettano di sapere se ne avranno un’altra ancora.

Con un po’ di malinconia io e Urs rivolgiamo un ultimo sguardo allo stuolo di bambini allegri e di buon umore. Alla tavolata del personale tutti allungano il collo e confabulano tra di loro. Poi Felicia, l’infermiera, si alza e si avvicina dicendoci: “A nome di tutti noi, vorrei ringraziare voi e tutti i benefattori in Europa per tutto quello che fate per noi e i nostri bambini. Ora fate parte della nostra famiglia.” Siamo profondamente commossi. Finora dire grazie non faceva parte delle abitudini della popolazione di colore nei confronti di noi bianchi. Anche qui ci sono stati dei progressi!
Con un sorriso e una lacrima abbracciamo i nostri fratelli e sorelle africani, salutiamo i bambini con la mano per l’ultima volta prima di salire in auto e partire salutando tutti a suon di clacson. Khosiame!
Margreth e Urs Mühlemann, ottobre 2010

Infine, vi informo che, in occasione della prossima dichiarazione dei redditi delle persone fisiche tramite modello 730, CUD o Unico, sarà possibile firmare per devolvere il 5 per mille della propria imposta a favore dell’Associazione Mosaico Euroafricano ONLUS. Si tratta di una procedura molto semplice: basta apporre la propria firma nell’apposito spazio ed indicare il codice fiscale dell’associazione: 97295570150.

Con infinita gratitudine vi saluto e vi mando un affettuoso abbraccio,

Cecilia