Cari amici di Mosaico Euroafricano ONLUS,

finalmente il duro inverno del Kalahari sta per finire: il mio organismo risente molto degli sbalzi termici perchè durante la notte e la mattina presto la temperatura può scendere sotto lo zero, per poi arrivare a 30 gradi a mezzogiorno. In questo periodo i bambini si ammalano facilmente, soffrendo di tosse, raffreddore e di un virus intestinale.

In seguito ad accurate valutazioni, insieme con il Ministero degli Affari Sociali si è deciso di far trascorrere ai nostri bambini un breve arco di tempo nel loro villaggio, con i propri parenti ed affidatari.
Naturalmente tutto questo succede sotto una severa sorveglianza da parte nostra, oltre che con il nostro sostegno morale ed economico. Secondo la legge dello Stato del Botswana i bambini in affido dovrebbero rimanere non più di due anni in una casa di accoglienza, per poi essere nuovamente inseriti nelle proprie famiglie (o famiglie allargate), o in famiglie adottive. Questo al fine di evitare che i bambini perdano le proprie radici. Nei casi in cui, invece, non si possa fare affidamento sui rispettivi parenti, un delegato del Ministero degli Affari Sociali nomina un adulto che eserciti la potestà nei confronti del bambino.

Fortunatamente per i nostri bimbi, l’ambiente familiare non è loro completamente estraneo, dal momento che trascorrono le vacanze nel loro villaggio. Per me la loro partenza è sempre traumatica, anche se mi rendo conto che non sono miei figli e che il loro rientro nella società d’appartenenza è la cosa migliore per il loro futuro. I bambini invece sono emozionati, non stanno più nella pelle, alcuni sono anche un po’ disorientati e vogliono solo essere coccolati ed abbracciati. Tuttavia, nello stesso tempo mi aiutano, con grande entusiasmo, a preparare i bagagli. “Ouma Cecilia”, mi chiedono i più piccoli, “torni da noi?”

Io vado a trovarli ogni due settimane. Finora stanno bene e nessuno di loro chiede di tornare: le loro radici sono lì, nel villaggio. La settimana scorsa ho chiesto a Ose come stava. Lei mi ha abbracciato e mi ha risposto: “Sai, Ouma, adesso sono come tutti gli altri bambini.” Naturalmente di problemi ce ne sono, ma penso e spero che con il nostro sostegno morale, ma soprattutto economico, i bambini possano crescere nelle loro famiglie. Io comunque passo tantissimo tempo nei villaggi e aiuto dove è necessario: porto vestiti, coperte calde e viveri e se i bimbi non stanno bene li curo oppure li porto in ospedale. Per ogni bambino abbiamo pagato la retta per la scuola materna o per l’asilo; inoltre, per coloro che frequentano la scuola elementare abbiamo comprato le divisa ed il materiale scolastico ed io vado a parlare regolarmente con le maestre, le quali mi assicurano che tutti si sono inseriti molto bene nel proprio ambiente scolastico.

Nel frattempo il numero degli iscritti al nostro centro diurno è salito da 70 a 80. Sono tutti bambini della zona, bisognosi di cure e di affetto (tanti sono orfani) che trascorrono tutta la giornata con noi. Sono divisi in tre classi: la scuola materna, l’asilo per i bimbi di 4-5 anni e l’asilo nido per i più piccini. Ricevono quattro pasti al giorno, cure igieniche e sanitarie, vestiti e scarpe tre volte all’anno. A questo proposito, desidero fare un ringraziamento speciale a tutti coloro che hanno contribuito alla raccolta di beni di prima necessità inviati in Botswana tramite un container. Inoltre ringrazio i ragazzi che hanno caricato tutto il materiale.

Mi riunisco regolarmente con i famigliari e gli affidatari dei bambini alla Kgotla, la corte locale, che si trova sotto un grande albero a D’kar: ognuno deve portare la sua sedia o deve accomodarsi per terra. Il Kgosi, il capo del villaggio, si siede in centro e presiede la riunione. Io illustro il programma che svolgiamo con i bambini e soprattutto le regole del nostro centro che devono essere rispettate. I famigliari parlano delle proprie difficoltà, dei propri problemi e delle loro esigenze. Noto, da parte loro, l’importanza ed il bisogno di essere ascoltati, compresi e coinvolti e devo ammettere che sono pochi i genitori o affidatari che desiderano con ardore un futuro migliore per i propri figli o bambini in affido.

Per la maggior parte degli adulti, purtroppo, l’alcool rappresenta una grande piaga, un problema serio. La comprensione spesso non è facile: la loro cultura è così diversa e un ulteriore problema è rappresentato dalla barriera linguistica. Io capisco e parlo un po’ di Setswana, ma la lingua dei Boscimani e quella degli Herero mi sono completamente estranee. Ogni settimana mi prometto di studiare ma poi sono sempre presa da altre cose importanti. Il tempo libero è scarso e le settimane che trascorro qui passano troppo in fretta, quasi volano.

Gli abitanti di D’kar mi hanno accettato e mi rispettano, così come io rispetto loro. Mi chiamano “Sisko”, che significa “mamma dei bambini”. Evidentemente i bambini stanno bene da noi. La maggior parte frequenta regolarmente la scuola o l’asilo e già la mattina presto cantano allegramente nel pulmino. Mangiano tanto, con una alimentazione piuttosto varia, e “svuotano” sempre il piatto. Come tutti bambini, litigano per il posto a sedere nel pulmino, per le biciclette, per le giostre, ma in generale sono bambini buoni, certamente non viziati.

Fra i nuovi arrivati invece ce ne sono tanti con grossi problemi che noi cerchiamo di risolvere gradualmente. Questi bimbi necessitano di cure igienico-sanitarie, attenzioni, affetto e amore. Talvolta arrivano al centro in pessime condizioni igieniche: sono spesso malnutriti, sporchi, spaventati, tristi, disorientati e senza regole. Noi non possiamo far altro che avere tanta pazienza e perseveranza.
Ogni mattini insieme a Felicia (la persona responsabile dell’igiene e della salute dei nostri bimbi) faccio il giro nelle classi per valutare quali bambini hanno bisogno di una bella lavata. Felicia li chiama amorevolmente i nostri “kolobe” (maialini). Loro si rifiutano di andare sotto la doccia perché l’acqua che scende gli fa paura: quindi, due alla volta, vengono lavati nella vasca.

Se vedo che un bambino non sta bene o mi accorgo che le sue condizioni di salute non migliorano, mi reco dai parenti per richiedere l’autorizzazione firmata per un check-up ospedaliero. È un’impresa non facile perché spesso non vogliono darmi il consenso, sopratutto se si tratta del test dell’AIDS: hanno paura. Ma io non lascio perdere facilmente, grazie alla mia testardaggine da buona svizzera. Infatti, due bambini sono risultati sieropositivi ed altri due hanno la tubercolosi. Ora sono in cura ed il loro stato di salute sta migliorando.

Si sa che i bambini portano gioie e dolori, ma le gioie superano di gran lunga le preoccupazioni.

Se considero quanti progressi fanno i nostri piccoli e vedo nei loro occhioni scuri la serenità, devo dire che NE VALE LA PENA. Anche a voi, che ci state vicini, ci sostenete moralmente ed economicamente, dico la stessa cosa: NE VALE LA PENA! Il vostro aiuto è indispensabile!

Vi ringrazio di tutto cuore e vi mando affettuosi saluti.

Cecilia

PS: Di seguito una bellissima poesia scritta da una bambina

DANZA LENTA

Hai mai guardato i bambini in un girotondo?
O ascoltato il rumore della pioggia quando cade a terra?
O seguito mai lo svolazzare irregolare di una farfalla?
O osservato il sole allo svanire della notte?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce.
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Percorri ogni giorno in volo?
Quando dici “Come stai?” ascolti la risposta?
Quando la giornata è finita ti stendi sul tuo letto con centinaia di questioni successive che ti passano per la testa?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Hai mai detto a tuo figlio, “lo faremo domani?” senza notare nella fretta, il suo dispiacere?
Mai perso il contatto, con una buona amicizia che poi finita perché tu non avevi mai avuto tempo di chiamare e dire “Ciao”?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Quando corri cosi veloce per giungere da qualche parte ti perdi la metà del piacere di andarci.
Quando ti preoccupi e corri tutto il giorno, come un regalo mai aperto . . gettato via.
La vita non è una corsa.
Prendila piano.
Ascolta la musica.