Come ogni anno la festa di Natale ( o fine anno scolastico) è stata un successone. Come d’abitudine i bambini avevano il permesso di invitare genitori, parenti o  parenti adottivi per un numero di due persone a testa. I nostri bambini, insieme a quelli che adesso frequentano la scuola elementare a D’kar, erano in tutto 124, perciò fate voi i conti! E contando anche il personale erano presenti circa 400 persone!! Questa festa è diventata una vera e propria tradizione, oltre che l’evento più importante di tutto l’anno per la comunità di D’kar, una località sperduta nel deserto del Kalahari dove, oltre ai funerali, non succede mai nulla d’interessante, la vita è dura e monotona, la povertà tanta. A volte penso che l’alcoolismo aiuti questa povera gente a sopportare tanta miseria e tante sofferenze.

La strada fra D’kar e Clario (dove è ubicato il nostro centro d’accoglienza), solitamente quasi deserta, oggi è movimentata dai nostri invitati, che percorrono 4 km a piedi sotto il sole cocente. Si scorgono uomini e donne con l’abito della festa: vestiti vistosi e copricapo coloratissimi, pettinature bellissime e stravaganti fatti con capelli artificiali, bambini piccoli in un bagno di sudore attaccati alla schiena della loro mamma e ragazzi più grandi che bigiano la scuola per poter partecipare alla nostra festa.

Sotto il nostro portico decorato con addobbi natalizi fatti dai nostri bambini sono posizionati due tavoli apparecchiati con lenzuola bianche e piatti di ceramica d’origine italiana per gli ospiti d’onore: il Kgosi (sindaco) di D’kar, un membro del ministero degli affari sociali, la direttrice della scuola elementare, alcuni membri del consiglio e due sponsor che ogni anno ci donano una mucca; gli altri ospiti, invece, si accomodano per terra. Nell’insieme regna un’atmosfera allegra, meno confusionaria e più disciplinata rispetto allo scorso anno.

I bambini sono felicissimi e orgogliosi dei “nuovi” vestiti che hanno ricevuto in occasione della festa (e che provengono da donatori italiani e svizzeri). Logicamente, come è giusto che sia, sono anche agitati: oggi devono recitare, cantare e ballare davanti a tante persone.

Alle 9 in punto ha inizio la festa. Felicia, la nostra infermiera, apre le danze con una preghiera che non finisce più (in Botswana ogni comizio, conferenza o festa comincia con una preghiera), dopo di ché due dei nostri bambini danno il benvenuto ai nostri ospiti sia in inglese sia in setswana, la lingua locale. Poi tocca al Kgosi di D’kar tenere il suo discorso: ci ringrazia del nostro impegno, ci fa tanti complimenti e per finire ripete ogni anno la stessa solfa: “Io vorrei sposare Cecilia (non so se come prima, seconda o terza moglie) ma lei si rifiuta!!!!!” Tutti ridono e io faccio finta di non aver capito!

Il primo gruppo dei nostri bimbi si esibisce in una danza tradizionale boscimane mettendoci corpo e anima e danzando al ritmo dei tamburi senza mai stancarsi: la gente applaude, urla, canta, fischia, e alcune donne si uniscono perfino al gruppo. Un vero successo: qui hanno davvero tutti il ritmo nel sangue! Altri bambini, vestiti con camicie e pantaloncini color cachi e con il berretto verde, rappresentano una divertente marcia-danza degli scout, un retaggio del colonialismo tedesco nella vicina Namibia. Segue un teatrino carino che racconta una storia di pazienti e medici in una clinica con tanto di termometro, ferite, bende, punture etc. Anche la sfilata di cappelli stravaganti da noi creati è davvero molto divertente, anche se debbo ammettere che le più entusiaste sono state senza ombra di dubbio le nostre maestre; alcuni bambini, mascherati da animali selvatici (elefanti, leoni, leopardi, zebre), si divertono a far spaventare i più piccoli, e anche qualcuno degli adulti.

Giunge il momento della cerimonia per la distribuzione dei diplomi: i bambini che hanno terminato la scuola materna e ci lasciano per iniziare la scuola elementare a D’kar ricevono un certificato. Vengono chiamati uno per uno e con una stretta di mano entrano in possesso del loro primo diploma. Tutto si svolge con una serietà ed una solennità incredibile: questo popolo adora le cerimonie ed io, nel profondo del cuore, mi auguro che questo diploma non rimanga l’unico. Nel frattempo i canti dei nostri bambini e del personale mi fanno venire i brividi, come ogni volta: le loro voci sono forti, bellissime ed espressive, e cantano tutti con grande entusiasmo trasmettendo un’incredibile energia e gioia di vivere.

La Sacra Famiglia è rappresentata dai più piccini. Giuseppe e Maria con una bambola nera in braccio, accompagnati da angeli, pastori e pecorelle, s’avvicinano lentamente al pubblico e tutti assieme cantiamo in inglese “Bianco Natal” – anche qui nel deserto del Kalahari esiste il Santo Natale! Sono mesi che ogni giorno, incessantemente, i bambini mi domandano: “Ouma, is Christmas today (è Natale oggi)?” e oggi posso finalmente rispondergli: “Sì, bambini miei, oggi è Natale!” più di cento occhioni lucidi guardano con impazienza i pacchi sotto l’albero di Natale: con grande gioia, quasi con riverenza, come se fosse un grande tesoro, i bambini accolgono il loro dono; c’è da dire che nessuno apre il proprio pacchetto ma tutti lo custodiscono gelosamente, guai a chi lo tocca!

Maryna, la mia collega, con l’aiuto delle nostre cuoche ha preparato il pranzo per tutti (450 porzioni): per ciascuno un hamburger, una porzione di patate in insalata con carote e cavoli e un panino, il tutto in un piatto di plastica; per i bambini ci sono anche dei sacchetti di cioccolatini e caramelle! Oggi è un giorno di festa e ci si può concedere il superfluo. La festa sta per finire e gli invitati si incamminano verso l’uscita per il lungo viaggio di ritorno e i bambini, con i loro regali sotto il braccio, tornano a casa con il pulmino. Grazie anche alle nostre maestre la festa è riuscita: Maryna e io sospiriamo soddisfatte, finalmente possiamo sederci anche noi! La festa è finita e un altro anno se n’è andato.

Un grazie infinito ai nostri piccoli a Maryna e a tutto il personale.

2010_events_BW_estaFineAnn