Da 16 anni, ogni mese di gennaio, 30 bambini nuovi arrivano nella nostra casa di accoglienza all’asilo nido e alla fine dell’anno scolastico altri 30 bambini ci lasciano per entrare nella scuola elementare a D’kar. In tutto ospitiamo 90 bambini. Durante i tre anni con noi bambini e insegnanti imparano a conoscersi ed a volersi bene. La nostra grande famiglia conta 104 persone. Durante la scuola materna i nostri bimbi vengono preparati con professionalità, serietà e responsabilità per il nuovo cammino. Quando poi arriva il grande momento, ognuno reagisce in maniera diversa: chi è contento e felice, chi è dispiaciuto o preoccupato e chi ha addirittura molta paura. Questi cambiamenti coinvolgono anche noi, perché dopo tutto, questi bimbi sono diventati anche un po’ bambini “nostri”. Io, conoscendo bene la scuola e le famiglie, il più delle volte sono preoccupata per loro ed il loro futuro. Vorrei che rimanessero sempre con noi. Di tutto cuore auguro loro salute, benessere, possibilità di una buona crescita ma soprattutto sostegno, affetto e comprensione da parte degli adulti. Noi faremo il possibile per stargli vicino anche quando non saranno più con noi, ma è praticamente impossibile poterli seguire tutti quanti. Loro sanno bene che possono rivolgersi a noi in qualsiasi momento, ascolteremo sempre le loro preoccupazioni e gli daremo sempre una mano nelle situazioni difficili.

Ogni volta che parto per l’Italia Ivy versa tante di quelle lacrime che fa piangere anche me. Dice che durante la mia assenza soffre di solitudine e di fame e di fame soffre anche tutta la sua famiglia. Ivy è una delle nostre sarte del progetto donne “Basadi Bothagka” (donne intelligenti e diligenti). Tagliano e cuciono grembiuli, borse, borsette per gioielli, tovagliette americane, arazzi, ecc. da vendere, ma anche vestiti per loro ed i loro bambini. Purtroppo non sono ancora autosufficienti, hanno bisogno di aiuto e sorveglianza perciò quando non ci sono, producono e vendono molto di meno. Un passo importante ma difficile da fare è portarle all’indipendenza. La regola sarebbe che dopo 3 anni di pratica da noi dovrebbero lasciare il posto ad altre donne, mamme dei nostri bambini, per dare loro la possibilità d’imparare a cucire e di dare un piccolo aiuto economico alle loro famiglie. Spesso non ho il coraggio di mandarle via, perché da noi si sentono protette e al sicuro ed è l’unico guadagno che hanno. Le donne che hanno lavorato da noi precedentemente hanno messo via una parte del loro guadagno per acquistare una propria macchina da cucire. Il problema sta nella vendita dei nostri articoli. So che è molto difficile vendere e guadagnare nei loro villaggi, la gente è povera, non ha soldi ed i mezzi di trasporto mancano per portare e proporre la merce altrove. Fino ad ora vendiamo ai privati in Italia, in Svizzera ed ogni tanto un turista compra qualcosa da portare a casa.

Sono stata invitata da Ivy a vedere l’abitazione nuova che ha potuto costruire con i soldi guadagnati. E’ una vera e propria casa, piccola (3x4mq), fatta di mattoni con il tetto di lamiera e una lampadina elettrica. Ivy è una donna boshimana di circa 40 anni, non conosce la sua data di nascita. Ha la pelle chiara e gli occhi tristi e spenti, è segnata da una vita dura. Di statura è bassa, è magra con la parte lombare della schiena molto pronunciata e dove, da quando la conosco, è sempre seduto un bambino. Ha 5 figli e un marito che non ha lavoro e non lo cerca nemmeno. I due figli più grandi hanno abbandonato la scuola, ma non hanno trovato un’occupazione. I due maschietti più piccoli stanno da noi, Couma è in classe A e inizierà la scuola elementare a gennaio. Khase ha soltanto 2 anni, l’abbiamo accolto nell’asilo nido. Thuso, l’unica femmina della famiglia, ha 14 anni e frequenta la terza classe della scuola media-superiore. La ragazza, per molto tempo ha fatto disperare la madre e anche me con un comportamento da maleducata e scontrosa. Bigiava spesso la scuola, i professori non si interessavano ed il suo rendimento scolastico lasciava a desiderare sempre di più. Ma la cosa che mi preoccupava di più, era, che trattava malissimo, senza rispetto, la sua mamma, che è incapace di difendersi e imporre delle regole. Dopo infiniti tentativi di avvicinamento, dialogo, offerte di aiuto e tantissima pazienza, ma anche rimproveri e minacce, miracolosamente la ragazza ha cambiato atteggiamento. Ancora oggi sono meravigliata, quasi non ci posso credere! Tratta con rispetto sua madre, frequenta regolarmente la scuola e la pagella è soddisfacente. E’ bravissima nello sport dove ha risultati eccezionali nella corsa e nel salto in alto. I professori sono molto soddisfatti e la sostengono. Promette bene, fa le gare anche in Sudafrica. Siamo tutti orgogliosi di lei e la sosteniamo. Forse tutti questi anni (11) di vicinanza e affetto, cercando con insistenza un dialogo, un incontro, l’hanno finalmente fatta ragionare. Le auguro successo ma soprattutto felicità e serenità, e che non dimentichi mai i sacrifici che ha fatto la sua mamma e rimanga sempre una ragazza onesta.

Grazie anche al vostro sostegno economico questa ragazza potrà avere una qualità di vita migliore dei suoi genitori. Prima della mia ultima partenza dal Botswana, Ivy, la sua mamma, mi ha sussurrato nell’orecchio: “Cecilia, aspetto un altro figlio!” e una lacrima scendeva dalla sua guancia. Non può rifiutarsi a suo marito? “ Lui cercherebbe altre donne e rischierebbe di essere contagiata di Aids”. Purtroppo Ivy aveva smarrito la sua tessera sanitaria e l’infermiera della clinica le aveva negato la puntura anticoncezionale che dura 3 mesi.

Un giorno dell’anno scorso, con la mia grande sorpresa, sono stata contattata dalla polizia di Maun (cittadina a 300 km di distanza). Cercavano un certo Jone Daniel, aiuto giardiniere da noi. “Abbiamo qui nel nostro commissariato il figlio Sam di Jone Daniel che piange ininterrottamente. Dovete venire a prenderlo!”. Le forze dell’ordine sono state avvisate dai vicini di casa che denunciavano la presenza di un bambino piccolo di due anni e mezzo nella capanna a fianco. Da 2 giorni questo piccolino era solo, la madre era partita con il suo amante per la Namibia, abbandonando il suo bambino.

Jone sapeva del figlio a Maun ma non l’aveva mai visto prima e non si era occupato in nessuna maniera di lui. Non era molto contento di andare a prenderlo e di dover provvedere in futuro per lui. Le nostre maestre gli hanno fatto coraggio, gli sono state vicine, sono state bravissime. Elisa l’ha accompagnato a Maun e noi, a casa, abbiamo preparato il lettino e tutto il necessario, per dare il benvenuto al nuovo membro della famiglia.

Sam non stava bene. Era basso e magro per la sua età, soffriva di malnutrizione ed il cuoio capelluto era pieno di ring worms (una malattia, tinea capitis, causata da un fungo). Il suo bel visino era privo di espressioni e dalla profonda tristezza nei suoi occhietti traspariva una grande sofferenza. Era timidissimo, non parlava e dove lo mettevi, rimaneva, ma soprattutto non sorrideva mai! Sam è stato una grande sfida per noi tutti. Il padre, totalmente inesperto, doveva imparare tutto ma è stato sostenuto, aiutato e consigliato dalle maestre, dalle cuoche e naturalmente anche da me. Sarebbe stato fondamentale l’intervento di uno psicologo, ma tale figura professionale non esiste da noi. E’ stato un cammino lungo e difficile, che ha richiesto tantissima pazienza e dedizione. A volte ho avuto paura che questo povero bambino non avrebbe mai potuto raggiungere una certa normalità, come la maggior parte dei nostri piccoli. Ma una mattina, timidamente mi è venuto incontro, ha preso la mia mano e mi ha regalato un grande sorriso. Che bellissimo giorno per Sam e anche per me!

Per quello che possiamo vedere fin ora Sam sta bene. Si è affezionato al suo papà e lui è orgoglioso di suo figlio. Mangia come un lupo, ha una buona salute e gioca con gli altri bambini, ma soprattutto sorride di nuovo! Speriamo che questo crudele abbandono abbia lasciato meno conseguenze possibili. Gli auguro di cuore tutto il bene del mondo.

Ancora oggi mi sembra di aver sognato, ma ciò che è avvenuto è un fatto sorprendente ed emozionante: 40 elefanti con i loro piccoli ci hanno fatto visita, passeggiando allegramente nel nostro parco giochi e nell’orto. I bambini e le maestre erano al sicuro nelle loro aule e osservavano la straordinaria, eccitante scena dalle finestre. Sia i bambini come il personale non avevano mai visto prima degli elefanti. Fortunatamente i nostri giganteschi ospiti lentamente, uno dietro l’altro, si sono allontanati, distruggendo il nostro recinto. Da tantissimi anni non esistono più elefanti nella nostra zona. La migrazione degli elefanti ha tanti motivi diversi e le minacce alla loro sopravvivenza sono molteplici. Ma quella principale proviene essenzialmente dal bracconaggio ancora diffuso in tanti paesi africani. Gli elefanti percepiscono le minacce e si spostano e cercano uno spazio più scuro. Circa il 40 % del territorio nazionale è dedicato a parchi e riserve naturali: libero da recinzioni e quindi molto selvaggio e invitante per questi animali in pericolo. Il Botswana ha più elefanti di qualsiasi altro paese africano, una realtà che in futuro potrebbe diventare un grosso problema. La cosiddetta civilizzazione trova la sua strada dappertutto. I conflitti fra animali e uomini sono programmati.

Charlcie mi ha comunicato che il nostro gruppo di danza tradizionale è stato invitato a ballare per il presidente del Botswana a Ghanzi (cittadina a 30 km di distanza). I bambini sono stati bravissimi e naturalmente orgogliosi perché hanno ricevuto tantissimi complimenti e anche un po’ di soldi.

Come l’anno scorso, Andreas e Charlcie porteranno i bambini, classe per classe, nella vicina farm a conoscere e ammirare gli animali selvatici. I nostri piccoli e anche le maestre aspettano con impazienza e grande gioia questa istruttiva escursione. Inoltre alla fine dell’anno scolastico verrà organizzato una partita di calcio con gli alunni di un’altra scuola materna.

Purtroppo la qualità della scuola elementare a D’kar sta peggiorando anno per anno. Le costruzioni sono in pessime condizioni, sono a corto di personale e mancano libri, quaderni e penne. Le cause di questa situazione sono multiple, ma la colpa è soprattutto dei  responsabili locali: i soldi dallo stato e dalle fondazioni private sono in qualche maniera svaniti nel nulla. Certo, se avessimo le possibilità economiche, potremmo pensare ad una nostra scuola elementare. Noi stessi avremmo allora il controllo dei fondi. Faremo di tutto perché questo nostro sogno un giorno si avveri.

Un altro anno è passato. I bambini crescono, ci danno gioie e soddisfazioni, ma anche preoccupazioni, come fanno tutti i bambini di questo mondo. Siamo contenti e soddisfatti dello sviluppo del nostro centro di accoglienza, le maestre si impegnano e i progressi ci sono.

I miei sinceri ringraziamenti vanno a tutte le persone che sostengono con fedeltà la nostra causa, in particolare vorrei ringraziare il Dr. Giancarlo Fontana, il nostro presidente, e sua moglie Anna Re che svolgono il loro incarico con grande dedizione. Un grande apprezzamento ai miei figli Manuela e Andreas e alla mia nuora Charlcie, è lei che dirige adesso la nostra casa dei bambini. Non voglio dimenticare l’importane aiuto che ci danno Daria Costantini e Carla Pavan. I signori Agliata e le sorelle Reggiori ci hanno messo a disposizione con generosità un grande locale per stoccare la merce per il container. Un grande grazie anche al comune di Cocquio Trevisago che ci ha dato il terreno per posizionarlo. In Svizzera sono sempre mia sorella Margreth e mio cognato Urs che si dedicano al nostro progetto (traducono in tedesco la corrispondenza e scrivono e spediscono ricevute e ringraziamenti ai sostenitori svizzeri e tedeschi). I buonissimi cosmetici che avete trovato nei sacchi della nostra lotteria sono stati donati da Antonietta Giaccio. Grazie ancora una volta a tutti.

Non mi resta che augurarvi una felice festa di Natale e buona salute e serenità per l’anno nuovo.

Un abbraccio

Cecilia Lachat

PS Stiamo cercando qualcuno che ci aiuti a tradurre il nostro sito dall’italiano al tedesco. Se qualcuno volesse aiutarci può scrivere a: info@moasicoeuroafricano.org